Nuovo codice degli appalti 2023: prime riflessioni

In questo articolo vogliamo provare a fornire qualche prima riflessione sul nuovissimo Codice degli appalti e dei contratti pubblici, entrato in vigore il 1 aprile 2023. Di certo la lettura ti interesserà, se la tua azienda tratta appalti di lavori, servizi o fornitura di merci alla Pubblica Amministrazione.

Tempo di lettura: 8 minuti

Il Nuovo Codice degli appalti 2023 (D.L. 36/2023)

È appena stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il nuovo codice degli appalti e dei contratti pubblici, introdotto con Decreto Legge numero 36 del 31.3.2023.

Il nuovo codice rottama il precedente D.lgs.50/2016, pur prevedendo una fase transitoria

Di fatto l’operatività delle nuove norme è differita al 1 luglio 2023 (art. 226).

La nuova disciplina era molto attesa, ed è stata presentata come il rimedio alla burocrazia ottusa, le lentezze e le inefficienze che da sempre gravano sul settore dei contratti pubblici e degli appalti.

In realtà si possono già fare alcune prime considerazioni critiche, benché solo la “prova su strada” potrà dare conto della bontà o meno del nuovo strumento.

Ti anticipiamo subito che, se perdi un appalto, ti puoi tutelare avanti il TAR. Come ti spiegheremo più avanti, per questo genere di azioni bisogna muoversi subito.

I tempi per i ricorsi sono strettissimi

Lo stesso dicasi se l’appalto ti viene soffiato da sotto il naso, magari da un concorrente che ritieni meno qualificato della tua azienda.

Proviamo allora ad analizzare rapidamente i principali profili critici del nuovo codice dei contratti pubblici e degli appalti.

Niente più gare con il nuovo codice degli appalti?

L’art.1 indica espressamente la volontà di improntare il nuovo codice a criteri di velocità ed efficienza degli appalti pubblici. Tuttavia le soglie di importo per cui è consentito procedere agli affidamenti senza gara (art.50) sono aumentate di molto

Nella maggior parte dei casi, le amministrazioni potranno procedere ad affidare appalti senza gara.

Anche se questo contrasta abbastanza con l’altro annunciato obiettivo dell’efficienza.
Infatti col concetto di efficienza – in diritto amministrativo – si intende il rapporto tra le risorse impiegate e i risultati ottenuti: la gara serve proprio ad ottimizzare questo aspetto.

Eliminare la gara si traduce quasi fatalmente in una minore efficienza, con buona pace delle migliori intenzioni.

Il principio del risultato

Il comma 3 dell’art. 1 indica poi quale faro di tutto il nuovo codice degli appalti il principio del risultato quale espressione concreta dei principi di efficienza, efficacia ed economicità dell’azione amministrativa imposti dall’art. 97 della Costituzione e dall’art. 1 della L. 241/90.

Tuttavia la declinazione del principio del risultato offerta dal comma 4 dell’articolo 1 in parola suscita non poche perplessità.

Infatti tale principio guida costituirà “criterio prioritario per l’esercizio del potere discrezionale e per l’individuazione della regola nel caso concreto“, nonché per valutare la responsabilità del personale che svolge funzioni direttive nella gestione delle procedure e per attribuire gli incentivi premianti previsti dai CCNL.

Affidamenti discrezionali

Ma quindi, il principio del risultato sarà criterio prioritario per l’esercizio del potere discrezionale?
La portata di questo “nuovo concetto”, e della impostazione che sottintende, in effetti risulta potenzialmente dirompente. Almeno rispetto a quelli che fino ad oggi sono stati i paletti dell’esercizio legittimo del potere di scelta della controparte contrattuale delle pubbliche amministrazioni.

Il principio del risultato rischia di tradursi cioè nella logica per cui sostanzialmente il fine giustifica tutti i mezzi, o almeno quelli che non integrino palesi fattispecie di reato.

E se da un lato, il risultato diventa l’unico parametro, dall’altro è abbastanza facile intuire quali possibili abusi si prospettino dietro l’angolo.

Un siffatto principio, ci pare, conduce in discesa all’affidamento di oltre il 90% degli appalti per valore a discrezione degli amministratori pubblici.

In sostanza, è molto elevato il rischio dell’affidamento a pochi fortunati ed esclusivi amici degli amici.

Perché, se quello che conta è il risultato, allora si può senz’altro essere elastici sui criteri di scelta del contraente della PA.

Le amministrazioni potranno scegliere chi vogliono?

Qualcuno potrà obiettare: ma se gli affidatari scelti con queste modalità poco trasparenti sono effettivamente bravi, e comunque se il Sindaco, o il Dirigente dell’Ufficio tecnico o lavori pubblici, si fidano di alcune ditte, perché magari ci hanno già lavorato in precedenza, e queste obiettivamente sono valide, che male c’è ad affidare direttamente a loro e senza gare dispendiose e lente, gli appalti o i contratti di fornitura di beni e servizi alla PA?
Ebbene, perché questo viola alcune regole dell’ordinamento europeo che regolano la materia degli appalti, regole che vincolano anche l’Italia che tali regole ha votato.

La violazione del principio di concorrenza

Il nuovo codice degli appalti infatti viola i principi di concorrenza e trasparenza imposti dall’ordinamento europeo con le Direttive n.89/665/CE e nn.23/2014/CE, 24/2014/CE e 25/2014/CE rispettivamente su concessioni, appalti e appalti nei settori speciali, nonché le relative interpretazioni dei principi fondamentali da parte della Corte di Giustizia Europea.

Come Italia, abbiamo sposato e fatto nostro il principio di concorrenza, approvando in sede europea quelle Direttive davanti al Parlamento ed al Consiglio d’Europa, e poi le abbiamo recepite con nostre leggi interne. Dapprima tramite il vecchio codice degli appalti, Dlgs. n.50/2016, ed oggi – almeno in teoria – col nuovo in commento.

Però il nuovo codice degli appalti dichiara, sì, di dare applicazione a tali direttive ed ai principi sovrannazionali che ne costituiscono l’ossatura, ma in realtà li viola.

In pratica, se la regola europea (che però è anche nazionale, ndr.) è la concorrenza, e cioè la massima partecipazione e competizione tra operatori per scegliere il meglio del meglio, affidare l’appalto senza gara vìola irrimediabilmente questo criterio.

Affidare l’appalto senza gara evita proprio il confronto competitivo che integra la concorrenza, principio inderogabile dell’ordinamento europeo.

Impugnare una aggiudicazione

Quali potrebbero essere le conseguenze e le tutele?
L’affidamento di lavori o forniture condotto senza gara, secondo il suddetto nuovo principio del risultato, si può impugnare avanti al Tribunale Amministrativo.

Il TAR, rilevata la violazione del principio di concorrenza, potrà arrivare a disapplicare la normativa nazionale in contrasto con quella europea

Non solo! Potrà annullare l’affidamento o il contratto, imponendo alla Pubblica Amministrazione di adeguarsi ai principi europei di concorrenza.

Impugnando l’affidamento o l’appalto, si potrebbe valorizzare agevolmente anche la violazione dei principi di efficienza, economicità efficacia, imparzialità e trasparenza imposti dall’art.1 della L.241/1990 e art.97 Cost., col medesimo risultato: annullamento della procedura di affidamento e/o della successiva convenzione.

Nel caso di ritenuto contrasto con i principi di cui all’art. 97 Cost., il TAR potrà anche sollevare questione di legittimità costituzionale delle norme del nuovo Codice degli appalti, con la possibile dichiarazione di incostituzionalità da parte della Corte Costituzionale e la conseguente eliminazione del codice dall’ordinamento giuridico.

In ogni caso si potrà richiedere il risarcimento del danno arrecato all’operatore concorrente da una gestione della procedura troppo disinvolta da parte della stazione appaltante.
Quello che è importante ricordare in ogni caso è che nemmeno ora gli affidamenti possono essere discrezionali. Ci sono regole cui le amministrazioni sono comunque tenute, e la loro violazione si può far valere al TAR.

Il nuovo codice durerà?

Chi scrive, trattando da decenni il diritto amministrativo e gli appalti, ritiene che le gravi criticità e debolezze del nuovo codice degli appalti pubblici lo rendano suscettibile di essere impugnato e travolto dai tribunali amministrativi.

I rilievi critici sono pesanti, e questo può essere valorizzato in sede giudiziale, portando quantomeno alla disapplicazione del nuovo codice, se non alla sua radicale eliminazione.

Senz’altro rende possibile, e in alcuni casi piuttosto agevole, impugnare la procedura che ha aggiudicato senza gara ad un concorrente l’appalto che interessava a noi. O, magari, per il quale riteniamo di avere maggiori titoli.

L’altro aspetto che recentemente ci viene sottoposto e che merita attenzione è la sorte delle istanze di accesso agli atti della procedura di affidamento. Ricordiamo che la L. 241/1990 art.22 è sempre vigente, ed anche col nuovo codice degli appalti i concorrenti ad una procedura hanno diritto di accedere alla documentazione.
Se l’amministrazione non riscontra le richieste, o peggio le rigetta, esiste una procedura molto rapida per ottenere dal TAR l’accesso coattivo agli atti, con spese a carico dell’ amministrazione.

Quindi non è assolutamente vero che col nuovo codice degli appalti bisogna “mettersela via” se un appalto viene affidato in maniera che non ci convince, e riteniamo di aver subito una ingiustizia.

A chi rivolgersi per assistenza o ricorsi

Se ritieni che ti sia stato “scippato” un appalto od una fornitura proprio sulla base delle nuove regole, si può pensare a ricorrere al TAR con discrete possibilità di successo. Ma bisogna fare presto!

Ricordiamo che la materia degli appalti prevede termini di impugnazione molto ristretti, 30 giorni dai vari momenti salienti

Per momenti salienti intendiamo la pubblicazione dell’avviso pubblico o bando, l’aggiudicazione, eccetera…
È quindi vitale contattare immediatamente il legale, senza perdere veramente nemmeno un giorno.

Qual è l’avvocato che si occupa degli appalti e dei contratti pubblici e relativi ricorsi al TAR? Un avvocato amministrativista, che è il professionista esperto nel diritto amministrativo.

Lo Studio è abilitato a trattare diritto amministrativo?

Sicuramente . Lo Studio Legale Daneluzzi tratta da decenni di diritto amministrativo, ottenendo molti successi in materia.
L’avv. Chiara Daneluzzi è avvocato amministrativista sin dal 1999, tratta ed è esperto in controversie con la Pubblica Amministrazione ed è membro della prestigiosa Associazione Avvocati Amministrativisti. Lo Studio può offrire sia consulenza che assisterti in giudizio e patrocina ricorsi avanti TAR e Consiglio di Stato, essendo l’avv. Daneluzzi anche Cassazionista.
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Avv. Chiara Daneluzzi
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